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The Kids Are Alright, ovvero il sogno bagnato di ogni indie frocio

So che pare impossibile, ma in questo film la parola sperma viene pronunciata più volte di quanto non faccia io, il che è tutto dire, tanto che in realtà ho passato buona parte del tempo a chiedermi quanto in effetti paghino per un bicchierino di colla dell’amore piuttosto che seguire sta vicenda fatta di stereotipi rotanti e buonismo un tantalkilo.

Per mettere le cose in chiaro, ci sta una coppia lesbica no, e ovviamente in due si spartiscono tutti gli stereotipi del caso fra cui: capelli corti, occhialoni, bicchiere di vinello sempre in mano, liberalismo spicciolo e soprattutto VOGLIA DI CAZZO REPRESSA e insomma, mancava solo una scena di squirting e tutto era al suo posto.

si spiegano molte cose.

Grazie allo sperma di un donatore accuratamente selezionato come nella migliore tradizione nazista, ci stanno pure dei kids in famiglia, come promette il titolo, anche se in effetti dopo una snervante presenza iniziale ce li si perde per strada a metà film e a nessuno importa davvero perché pure loro sono più bidimensionali dei tizi dell’indovina chi e il maschio si chiama LASER, cioè, minimo lei avrebbe dovuto chiamarsi LIGHTSABER per far coppia ma invece no. Quindi il figlio che non si capisce bene ma a occhio dovrebbe avere quarant’anni, è un mezzo skater mezzo frocio che si gaudia della compagnia del solito amicone ritardato e violento nonché sadico aggratis. Nonostante ciò il simpatico LASER gli si accolla uguale, sarà perché è frocio davvero, si chiedono le lelle, che ne sapranno, e pure io direi che sì, tanto alla fine non gliene frega un cazzo a nessuno. L’unica speranza era che gli sbroccasse come il figlio frocio di A History of Violence, ma questo non è Cronenberg, questo è un lenzuolo macchiato. La figlia invece è la tipica biondina studiosa promettente e probabilmente vergine nonché totalmente inutile visto che pure lei ci mette del suo non decidendosi a infilare la lingua in gola a un altro indie aborto che no no siamo solo amici, nonostante l’insistenza dell’amica sdraiona che si scoperebbe pure gli angoli del comodino.

jedi mind tricks in azione. o forse è solo stitichezza.

E insomma, a una certa compare il loro padre biologico che per gettare sale sulla ferita è un fottuto fattore fattone byologyco (no pun intended, o forse sì) che guida un’harley ed ha una sana attitudine FUCK THE SYSTEM I GOT MY CABBAGE che fa piglio sicuro sui pargoli e getta invece le lesbiche nel terrore e nella penis envy più spietata.

“vedrai quanto concime fra poco.”

Immagino che in sede di scrittura sia entrato Christopher Walken gridando I NEED MORE STEREOTYPES, quindi a deliziarci troviamo pure la sequela di ragazzine semi pubescenti che il fighissimo e modernissimo padre byologyco si bomba ad oltranza, roba che il suo letto ospita ragazze che spaziano tutta la scala cromatica (e ci metto la zampetta sul fuoco che la negra aveva pure il ritmo nel sangue) e per non farci mancare il vero bollino di garanzia di ogni prodotto alto borghese suburban indie muthafucka abbiamo pure il giardiniere latino, baffone, grasso e sudato che biascica in spanglish che farà la gioia di grandi e piccini.

Come accennato prima, in poco tempo Juliette Moore si rende conto che ciò che manca alla sua vita è il Carotone di Toniniana memoria, perché a quanto pare i froci nei film cambiano sponda alla prima occasione, con tutti i tristi siparietti che ne conseguono, fra cui l’ovvio scontro fra il portatore sano di pene e l’altra lella che è come se l’avesse visto che modi e azioni portati sullo schermo sono quelli di un qualsiasi personaggio maschile che vede la sua vagina da compagnia contesa da un altro maschio alfa.

Ora il film urla in faccia allo spettatore MA OH PURE LE LESBICHE POSSONO ESSERE BIGOTTE L’AVRESTI MAI DETTO, ma io ero intento a interrogarmi ancora sul valore monetario dello sperma, e insomma, scade tutto nel ridicolo fra l’aura di coolness d’accatto che circonda il padre padrote che va a cozzare con la noia coniugale delle lesbiche attempate (PURE LE LESBICHE S’ANNOIANO CI CREDETE) e i relativi tentennamenti familiari. Tutto ciò portato avanti da attori che intavolano discorsi farciti in ogni frase di Y’KNOW, TOTALLY, LIKE, YEAH e cose così da mongoplettici.

Tutto ciò è un buon esempio di come pure quando c’hai gli attori giusti, una buona regia, una colonna sonora che anche no ma agli indie fa drizzare i gamberetti quindi immagino vada bene, INSOMMA nonostante ciò può comunque saltar fuori un film tremendamente banale e gorgogliante di luoghi comuni, e vi serve solo ad imparare che l’unico indie buono è l’indie morto.

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